Vitas fratrum. La misericordia, San Domenico e i domenicani

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Redazione I Martedì

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L’essere domenicano comporta la ricerca, assidua e disciplinata, per diventare misericordiosi nei confronti di chi ne ha bisogno: poveri e benestanti al di là delle etnie.

L’anno del Giubileo della Misericordia ha riportato la misericordia al centro della riflessione e della pratica ecclesiale. Di riflesso si è avuta un’attenzione a questo tema anche all’interno di porzioni particolari di Chiesa come lo sono gli ordini religiosi e, nel caso nostro, l’ordine domenicano. Il discorso sarebbe lungo e diffuso, ma qui ci si limiterà ad alcuni cenni.

Quasi a trent’anni dalla morte di san Domenico, un Capitolo generale dell’Ordine, celebrato a S. Eustorgio in Milano nel 1255, esortava i frati a far pervenire al Maestro dell’ordine la notizia o il racconto di «qualche miracolo o visione o fatto edificante meritevole di essere tramandato, accaduto agli inizi dell’Ordine o in relazione con esso». L’intento era chiaro: non si voleva lasciar cadere tutta una serie di fatti minori, di edificante e gustosa aneddotica. Fra Geraldo di Frachet fu incaricato di mettere insieme il materiale, che risultò una sorta di “fioretti domenicani” dal titolo Vitae fratrum o, più corretttamente, Vitas fratrum. Il testo fu approvato da Umberto di Roman, Maestro dell’ordine, con la clausola: «senza mia autorizzazione non venga fatto circolare fuori dell’Ordine», forse per il suo carattere troppo ingenuo.

Ed è in quest’opera che troviamo il seguente gustoso episodio, dove il convento viene presentato come casa della misericordia, rifugio per chi non è perfetto e insieme aiuto misericordioso a divenirlo:

«Al tempo in cui ai Frati Predicatori di Bologna fu donata la chiesa di S. Nicolò, uno studente, ben istruito ma dedito a vita mondana, cambiò vita in seguito a questa visione.

Gli sembrava che una tremenda tempesta lo cogliesse in un campo. Correva verso una casa per trovarvi rifugio, ma questa era chiusa. Allora bussò, domandando di esservi accolto. Ma la padrona rispose: “lo sono la Giustizia ed abito qui: questa è la mia casa. Ma siccome tu non sei giusto, non ti farò entrare”.

La cosa gli dispiacque; ma, vedendo un’altra casa, anche in quella chiese di esservi accolto. Ma la padrona gli rispose: “lo sono la Verità, e non ti riceverò, perrché la verità non libera coloro che non l’amano”.

Vide allora una terza abitazione e chiese di esservi ricevuto. Ma si sentì dire: “lo, che abito qui, sono la Pace. Ma non c’è pace per gli empi, ma solo per gli uomini di buona volontà. Ma siccome io penso pensieri di pace e non di afflizione, ti darò un utHe consiglio. Di là da me, abita una mia

ORDINE DOMENICANO- VITAS FRATRUM

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