Maurizio Caruso illustra il numero 354

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Domenico Segna

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Un tripudio di colori, di visioni oniriche, di paesaggi magici, fabulistici: quale “demone” trascina il tuo
pennello?

Possiamo parlare di “demone” o di musa, dolce e incantata musa: si tratta comunque di un impulso che mi prende e mi avvolge all’improvviso, qualcosa che è più forte di me, che mi spinge senza sé e senza ma… devo creare. È in quel preciso momento che la visione fa scattare la magia del cromatismo e delle vaste campiture che mi ammaliano, il colore lo sento e lo cerco, solo il colore mi affascina, l’armonia del colore deve essere completa, ne soffro e mi abbatto se non vedo una piena sintonia con la soluzione che desidero, e solo quando è il colore a vincere, mi guardo dentro appagato, sento di essere arrivato al punto che voglio e al tempo stesso mi chiedo: chi è stato a fare tutto questo? Chi ha trascinato il mio pennello, ha dato forza alla mia mano, sentimento al mio cuore? Ma, certo, sono domande che ogni artista si pone perché la creazione di un’opera è sempre un gesto che non trova spiegazioni nella ragione.

Cosa ricerchi nei volti che ritrai, volti di altre etnie, di “altri” a noi fratelli?

La ricerca, lo scavo profondo la conoscenza degli “altri”, altri che mi piace definire “esseri umani” e miei
fratelli, a qualunque etnia essi appartengano, mi appartiene da sempre: fin da bambino, sentivo la necessità di sviluppare il mio amore in questa direzione, un amore senza tabù, immediato, incondizionato. La soddisfazione nell’elaborazione dei ritratti, nello sviluppo di volti, di profili, di corpi stilizzati si alimenta dal desiderio preciso di entrare dentro di loro, perché a loro mi sento vicino, nel mio sangue scorre sangue mediterraneo: sono nato in una Terra, quella calabra, forgiata da un crogiuolo di etnie, da una consonanza di popoli che pulsano e si mischiano, che mi fanno sentire vivo, e che mi sostengono nel momento della catarsi pittorica. È come se li sentissi tutti qui con me, li vedo vicino e sono tanti: dai Punici ai Latini, dai Normanni agli Arabi, ai Bizantini… è davvero una meravigliosa miscellanea di cui vado ampiamente fiero. Le loro storie mi prendono e mi interessano molto: sono storie di dolore e sangue che scuotono e colpiscono la mente e l’anima, ed è per questo che sono e voglio essere un testimone del mio tempo e della loro essenza, dare loro voce attraverso la pittura che racconta e profetizza le loro e la nostra storia, una storia comune di tutti noi, ospiti temporanei di questo meraviglioso mondo. Ma, un altro universo mi ha convolto, da un po’ di tempo a questa parte, sempre in riferimento ai volti che ritraggo: si tratta di quello dei personaggi che, in qualche modo e a vario titolo, hanno dato il loro contributo alla storia del mondo, spesso cambiandola anche a costo della vita. Il ciclo “Colori Proibiti”, iniziato nel con la lavorazione di una decina di opere di grandi dimensioni, su sfondo bicolore e con immagini totemiche, delle quali risulta evidente il volto e l’espressione, si è arricchito tra la fine del 2021 e gli inizi del 2022, di un cospicuo numero di opere che riprendono il tema, pur trattandolo in maniera leggermente diversa, a partire dalla dimensione delle tele e dalla colorazione. E’ così che, comunque, intendo dare rilievo a figure che spaziano dai campi artistici alle discipline storiche, dalla filosofia alla pedagogia, dalla musica alla poesia, in un susseguirsi di sguardi attenti e voci resistenti anche alle più temibili intemperie di repressione o indifferenza. Tanto per citare qualche esempio, ho ritratto: Pier Paolo Pasolini, Sibilla Aleramo, Giordano Bruno, Tommaso Campanella, Antonia Pozzi, Ezra Pound, Enrico Caruso…

[…]

Leggi l’articolo completo nel numero 354 “L’uomo e i suoi diritti” 

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