CANOVA, BOLOGNA, LA PINACOTECA

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Redazione I Martedì

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Tra le numerose esposizioni volte a celebrare il bicentenario della morte di Antonio Canova (Possagno 1757-Venezia 1822) quella curata da Alessio Costarelli, promossa e realizzata dalla Pinacoteca Nazionale di Bologna in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti e con il contributo della Società di Santa Cecilia – Amici della Pinacoteca Nazionale di Bologna, e allestita nel Salone degli Incamminati, coincide anche con la prima mostra dell’istituzione divenuta autonoma, che il direttore Maria Luisa Pacelli ha scelto di dedicare alla ricognizione di un momento cruciale della storia del Museo e della città, connesso al ruolo che ne ebbe il Canova stesso. Infatti proprio lui – oltre che il più grande ed acclamato scultore del suo tempo, “novello Fidia”, anche il garante della tutela del patrimonio storico artistico dello Stato Pontificio – attraverso complesse operazioni diplomatiche, era stato il principale artefice della restituzione dei dipinti bolognesi trasferiti in Francia fra il 1796 e il 1797 con le soppressioni napoleoniche, quando numerosi convogli carichi di tavole e tele e di altri beni preziosi sottratti a luoghi di culto soppressi, chiese, conventi, collegi e opere pie, avevano lasciato la città, attraversato le Alpi per approdare a Parigi, dove i dipinti furono destinati al costituendo Musée de l’unité européenne.

Dopo il Congresso di Vienna e con la successiva Restaurazione, finalmente il 30 dicembre 1815 trentotto dei quadri sottratti dai Francesi erano di nuovo a Bologna. Molti ma non tutti: infatti una parte dei dipinti era stata destinata ai musei delle città di provincia istituiti da Napoleone, che il Canova non ebbe modo di raggiungere, altri erano stati collocati negli appartamenti privati del palazzo del Louvre. Tra quelli rimasti a Parigi il San Giacinto di Ludovico Carracci e la pala Il trionfo di Giobbe di Guido Reni, posta nella cattedrale di Notre Dame; mentre per errore alcuni dipinti anziché concludere il loro viaggio a Bologna proseguirono fino a Roma (sarebbero stati restituiti a Bologna, la seconda città dello Stato della Chiesa, soltanto due anni dopo, e neppure tutti…).

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Maria Pace Marzocchi

Leggi l’articolo completo nel numero 354 “L’uomo e i suoi diritti” 

 

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